IOT

Auto a guida autonoma 2025: le sfide per l’Italia e l’Europa

14 views

A che punto è la guida autonoma? Scopri i progetti in corso, le sfide tecnologiche e i rischi per la sicurezza e la privacy delle…

Panda SecurityOtt 27, 202510 min read

A che punto è la guida autonoma? Scopri i progetti in corso, le sfide tecnologiche e i rischi per la sicurezza e la privacy delle auto del futuro.

In questo periodo di esplosione tecnologica legata all’intelligenza artificiale, qualcuno potrebbe essersi dimenticato che ci sono altre grandi innovazioni che stanno rivoluzionando la nostra società, come le auto a guida autonoma.

Un tempo erano un’immagine futuristica, che sembrava lontanissima e irrealizzabile, mentre ora esistono già dei robotaxi in alcune città americane, che accompagnano i passeggeri senza un conducente umano.

Ci sono stati anche degli incidenti, ovviamente, purtroppo anche con alcune vittime. E infatti, oltre allo stato della tecnologia, i dubbi sulla guida autonoma rimangono: è sicura? Di chi è la responsabilità? Quali rischi ci sono per la privacy e dal punto di vista informatico?

Ne parliamo in questo post sulle auto a guida autonoma in Italia e in Europa, per fare il punto della situazione e capire bene quali sono le sfide in questo momento.

In questo articolo:

  • Cosa sono le auto a guida autonoma?
  • A che punto siamo in Italia e in Europa?
  • Stato della tecnologia a guida autonoma attuale
  • Sfide tecnologiche per la guida autonoma in Europa
  • Sicurezza informatica, privacy e guida autonoma: quali sono i rischi?

Buona lettura!

Cosa sono le auto a guida autonoma?

Le autovetture autonome sono veicoli che si muovono e interagiscono con l’ambiente circostante con un certo grado di autonomia rispetto al guidatore umano. Attualmente si usa una classificazione SAE a sei livelli, da 0 a 5, dove il livello 0 è quello delle auto attuali, senza funzionalità di guida automatizzata, ma da non confondere con l’aiuto alla guida (come gli avvisi quando ci avviciniamo troppo a un altro veicolo).

I veicoli di livello 5, invece, raggiungono il massimo livello di automazione grazie alle tecnologie avanzate impiegate. Non richiedono infatti alcun intervento umano e nemmeno un intervento manuale di emergenza, qualunque siano le condizioni di guida o lo stato delle strade. Per questo motivo i veicoli non sono dotati degli strumenti per la guida manuale come i pedali o il volante.

Le auto a guida autonoma utilizzano diverse tecnologie per “vedere” e interagire con l’ambiente circostante, e per ricevere e inviare dati ad altri dispositivi e sistemi connessi a internet, come i semafori intelligenti.

In pratica, l’auto si converte in un computer su ruote, che raccoglie ed elabora un’enorme quantità di dati in tempo reale e, pertanto, è suscettibile a nuovi tipi di attacchi informatici.

Nell’ambito informatico, la fiducia si costruisce con i fatti: aggiornamenti regolari, protocolli di sicurezza verificabili e comunicazione aperta con gli utenti.

I rischi digitali della guida autonoma

I veicoli a guida autonoma sono esposti a due tipi di pericoli principali:

  1. Rischi per la sicurezza, dovuti a vulnerabilità informatiche.
  2. Rischi per la privacy, dovuti all’elaborazione dei dati raccolti.

La prima tipologia è quella di cui si parla di più: è sicura la guida autonoma? Cosa succede se si verifica un imprevisto in strada? Se si rompe il computer di bordo o se il sistema informatico viene attaccato, cosa succede alle macchine e ai passeggeri? Di chi è la responsabilità in caso di incidente?

Queste sono solo alcune delle domande a cui bisogna rispondere, quando pensiamo alla guida autonoma e a come introdurla nella nostra società e sulle nostre strade popolate da motorini, pattini elettrici e biciclette.

Sicurezza e privacy: le due grandi sfide digitali della guida autonoma

Oltre a questi problemi, c’è anche una seconda tipologia meno considerata, forse meno ovvia ma altrettanto pericolosa: i rischi per la privacy. Le autovetture autonome raccolgono e producono un’enorme quantità di dati: preferenze del conduttore, posizione, luoghi visitati, abitudini, conversazioni… la lista è praticamente infinita.

Cosa succederà a tutti questi dati? Chi li potrà usare e come? Che livello di controllo avrà l’utente sui propri dati? In un futuro prossimo, potrebbe essere necessario perfino rivedere la definizione di dati personali.

Inoltre, queste informazioni devono essere protette da accessi non autorizzati e aggiornate in modo sicuro tramite sistemi OTA (over-the-air). Pensate che un attacco a un’auto autonoma potrebbe bloccare il sistema di guida, manipolare i sensori o persino prendere il controllo del veicolo.

Dal nostro punto di vista di specialisti di sicurezza informatica, la protezione dei dati e dei sistemi informatici delle autovetture autonome non è un optional, ma un pilastro senza il quale non sarà possibile introdurre questa tecnologia anche in Europa.

Vediamo, allora, a che punto siamo nell’UE e nel nostro Paese con la sperimentazione e l’introduzione delle auto a guida autonoma.

Guida autonoma, a che punto siamo in Europa

Nel Vecchio Continente la corsa alla guida autonoma procede a rilento, ma non per pigrizia, bensì per prudenza. L’Italia, ad esempio, ha avviato un progetto europeo per sperimentare la mobilità senza conducente: 60 comuni italiani si sono dichiarati pronti a testare su strada la mobilità autonoma, e Bruxelles vede nel nostro Paese un laboratorio ideale per lo sviluppo di smart road e veicoli connessi (forse non a caso, vista la creatività dei nostri automobilisti).

Allo stesso tempo, a Lussemburgo, Stellantis ha avviato una collaborazione con Pony.ai per lanciare i primi taxi elettrici di livello 4, mentre Londra sarà la prima città europea ad accogliere robotaxi senza conducente a partire dal 2026.

Eppure, rispetto a Stati Uniti e Cina, l’Europa rimane indietro, ma non solo per motivi tecnologici: l’Europa ha capito che servono nuove infrastrutture di controllo, standard di sicurezza, strumenti per la tutela della privacy, aggiornamenti delle normative e un generale atteggiamento di prudenza verso l’automazione totale.

Gli USA e la Cina sono da sempre molto più aggressivi nell’introduzione delle nuove tecnologie: prima le adottano, poi vedono cosa succede e dopo aggiustano il tiro e regolamentano.

L’Europa, invece, finora ha scelto sempre un approccio più prudente e orientato alla sicurezza e alla privacy, come dimostra il nostro GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati), che è molto più dettagliato, rigoroso e severo rispetto alle normative d’oltreoceano.

Per fare un esempio pratico, negli Stati Uniti Waymo e Cruise hanno già lanciato servizi di robotaxi in diverse città, con migliaia di test pubblici, mentre la Cina, dal canto suo, punta sulla diffusione rapida e sull’integrazione con le infrastrutture urbane, con progetti su larga scala a Pechino e Shanghai.

Le sfide in Italia e in Europa

Oltre ai rischi per la sicurezza e la privacy, ci sono alcune difficoltà strutturali da risolvere per poter iniziare a sperimentare la guida autonoma in Europa:

Infrastrutture smart

Il cuore della mobilità autonoma è la tecnologia V2X (Vehicle-to-Everything), che permette alle auto di comunicare tra loro (V2V), con i semafori o i cartelli stradali (V2I) e persino con i pedoni tramite smartphone o dispositivi indossabili (V2P).

Grazie a questa rete di scambio dati, ad esempio, un’auto può sapere in anticipo se c’è un ostacolo dietro una curva, una persona che attraversa la strada o un semaforo che sta per diventare rosso.

Ma per funzionare, il sistema V2X richiede reti mobili a bassissima latenza, come la connettività 5G, e un’infrastruttura capillare di sensori e antenne lungo le strade. Al momento solo pochi paesi europei, come Germania, Paesi Bassi e Spagna, hanno iniziato a installare smart road su larga scala, ad esempio in tratti di autostrade e zone urbane con sensori ambientali e telecamere intelligenti.

Nel nostro Paese esistono già alcuni tratti di smart road, come l’autostrada A2 Salerno–Reggio Calabria e alcune arterie del Nord dotate di sensori IoT e connessione 5G, ma si tratta ancora di progetti pilota.

Sicurezza informatica e interoperabilità

Quando si parla di auto a guida autonoma, è facile pensare solo a sensori, radar e intelligenza artificiale. Ma la vera sfida, quella che può determinare il successo o il fallimento di questa rivoluzione, è invisibile: si tratta della sicurezza informatica.

Un’auto moderna contiene oltre 100 centraline elettroniche e più di 100 milioni di righe di codice, e ognuno di questi componenti è un potenziale punto d’ingresso per un attacco. Negli ultimi anni, i ricercatori hanno dimostrato come sia possibile violare a distanza il sistema di infotainment o manipolare i freni di modelli reali, mettendo in evidenza la vulnerabilità dei veicoli connessi.

Per neutralizzare questi rischi, l’Europa ha introdotto nuove norme che impongono ai costruttori di adottare sistemi di gestione della sicurezza informatica (CSMS) e procedure di aggiornamento sicuro (SUMS).

In pratica, ogni casa automobilistica deve dimostrare di essere in grado di prevenire, rilevare e rispondere agli incidenti digitali lungo l’intero ciclo di vita del veicolo. È un passo avanti importante, ma non risolve tutto: un’auto connessa non opera da sola, comunica costantemente con infrastrutture, cloud e altri veicoli, e ognuno di questi collegamenti può essere una porta d’ingresso per un cyberattacco.

Il problema è che oggi non esistono ancora standard comuni tra i diversi produttori o Paesi europei. Ogni sistema utilizza protocolli e linguaggi diversi, rendendo difficile una vera interoperabilità.

Senza un linguaggio digitale unico e condiviso, un’auto autonoma potrebbe non “capire” i segnali di un’infrastruttura smart o di un altro veicolo, con conseguenze potenzialmente gravi.

Per questo la cybersecurity e l’interoperabilità devono crescere insieme: la prima protegge, la seconda permette di comunicare. Solo così la guida autonoma potrà davvero diventare una tecnologia sicura e affidabile, capace di conquistare la fiducia delle persone.

Fiducia dei cittadini

La tecnologia avanza rapidamente, ma la fiducia dei cittadini no. In Europa molte persone guardano con sospetto alle auto senza conducente, per paura sia di incidenti legati a errori del software sia che i propri dati personali vengano raccolti o condivisi senza consenso.

Dal nostro punto di vista, per superare questa barriera serve più trasparenza: le aziende dovranno spiegare chiaramente come funzionano i sistemi di bordo, come vengono protette le informazioni e quali misure di sicurezza si attivano in caso di attacco informatico.

Nell’ambito informatico, la fiducia si costruisce con i fatti: aggiornamenti regolari, protocolli di sicurezza verificabili e comunicazione aperta con gli utenti. Solo così la guida autonoma potrà passare da essere una promessa tecnologica a una realtà accettata e condivisa.

La cybersecurity e l’interoperabilità devono crescere insieme: la prima protegge, la seconda permette di comunicare.

L’Europa è pronta?

In conclusione, l’Europa non è ancora pronta ma si sta muovendo nella direzione giusta, cioè a passo lento e tenendo sempre presente la priorità: la sicurezza delle persone e dei loro dati.

Altri Paesi possono avere un approccio più pragmatico o aggressivo, ma di più e prima degli altri non sono sempre sinonimi di successo; anzi, a volte la fretta può giocare dei brutti scherzi. Questo vale soprattutto in ambito informatico, in cui le variabili da considerare sono tantissime, e a volte ci si rende conto dei pericoli solo quando si verifica il primo incidente di sicurezza.

In Europa come in Italia, se sapremo integrare tecnologia, normative e sicurezza informatica, potremo trasformare la cautela in un vantaggio competitivo. Perché nel mondo delle auto a guida autonoma, la fiducia digitale è la vera chiave per muoversi in sicurezza.

CONTINUA A LEGGERE: Come avere internet ovunque: viaggi all’estero e aree remote

Buona navigazione e buon viaggio a bordo di un robotaxi!